Avevo un bell'orto. Bè, bello non so, ma insomma era il mio orto, e ogni scarrafone è bello a mamma sua.
Nell'orto avevo pomodori, melanzane, girasoli e zucche. Alberi di limone e dei bellissimi cardi violacei. Aranci, carciofi, cipolle, e chi più ne ha più ne metta. Ogni sera, quando tramontava il sole, quando la terra diveniva un po' più tiepida, fischiettando scendevo le scale di casa e, imbracciato con fierezza l'innaffiatoio arancione, supino innaffiavo pianta per pianta, alberello per alberello, e (perchè no?) tubero per tubero.
Ma l'autunno era ormai alle porte, e giunse il momento di partire; alcuni castagni già perdevano le prime foglie giallo-rossastre. Scesi l'ultima volta le scale, chiudendomi la porta alle spalle; ma non feci in tempo a metter giù il primo piede, che già i primi gradini si erano ricoperti di foglie secche, giallastre-rossicce, e ghiande e tutto ciò che associamo con l'autunno. Scesi le scale velocemente, e in corsetta mi diressi verso il cancello, ma l'aria si era presto fatta ovattata, e già arrivano i primi fiocchi di neve, e le case accanto si illuminavano di quelle lucine e decorazioni che gli uomini associano col natale.
Preso alla sprovvista mi tirai su il cappuccio della giacca, imbracciai la vecchia bici e in tutta fretta usci dal cancello, che su chiuse sinistro alle mie spalle. Montai sulla bicicletta, e di buona lena iniziai a pedalare. I piccoli e leggeri fiocchi (così piacevoli all'inizio!) stavano aumentando di dimensione, e la leggera brezza che prima sembrava cullarli, montava impazzita in ogni direzione, sempre più forte.
Continuavo a pedalare. I fiocchi ora sembravano sassi e il vento irruento che me li lanciava negli occhi sembrava volermeli cavare; mi ostruiva la bocca, e non riuscivo a parlare e non riuscivo a vedere. Il sibilo era assordante, mi offuscava persino i pensieri; e mi ero perso, ma pedalavo alla cieca ben conscio di starlo facendo.
Poi di colpo, quando quasi stavo per cadere stremato, così come era venuto, il vento cessò. I sassi di neve tornarono placidi e innocui fiocchi che lentamente si scioglievano posandosi a terra, e, proprio dalla terra, lentamente piccole verdi piantine tornavano a crescere, e il sole tornava a scaldare l'aria; io in tutta fretta descrissi un'ampia curva a "u" e iniziai a pedalare a più non posso nella direzione da cui ero venuto.
Correvo ed avevo il fiatone, ero contento e fischiettavo; i passeri mi guardavano incuriositi sfrecciare sul sentiero, e le prime rondini si affrettavano a intrecciare i loro nidi accanto alle grondaie degli uomini.
Già i loro primi piccoli mostravano il grazioso petto bianco e facevano ondeggiare la sottile coda forcuta, impazienti di spiccare per la prima volta il volo. Dal canto mio, correvo, giulivo, e pedalavo a più non posso, in mezzo a tutto quello sbocciar di vita, quando ad un tratto, all'unisono, decine e decine di piccole rondini spiccarono il volo, proprio sopra la mia testa; ed io correvo con la meraviglia negli occhi verso il sole sempre più grande.
Arrivato al cancello lo aprii con foga lasciando cadere a terra la vecchia bici, ma il caldo era ormai divenuto insopportabile, il sole era sempre più alto e non c'era più tempo! Con orrore vidi le foglie della siepe seccarsi sotto il mio sguardo, allora di corsa imbracciai l'innaffiatoio arancione, presi dell'acqua fresca dal pozzo, ma i pomodori già si stavano asciugando, e da tondi e rossi com'erano una volta si facevano sempre più piccoli e rinsecchiti; lentamente si squarciavano e a dozzine cadevano in terra. Io correvo, e l'acqua traboccava dall'innaffiatoio colmo, ma le belle foglie del limone stavano perdendo colore, e così gli aranci, le zucche, le melanzane, perfino i girasoli!
Quando finalmente misi piede nel mio orto era ormai tutto secco; per terra si aprivano quelle crepe che ben gli uomini associano con le più gravi aridità.
Mi guardai intorno allora, e già scomparivano anche i resti delle piante, secche si sgretolavano al vento bollente, e i limoni e gli aranci caduti, perdevano foglie e corteccia. Presto del mio orto rimase soltanto un mucchio di sassi; e un terreno arido e desolato.
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